Cass. civ. n. 7795/2017
La nozione di insubordinazione, nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l’esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto atto di insubordinazione, suscettibile di legittimare il licenziamento, l’ingerenza indebita della lavoratrice nell’organizzazione aziendale, manifestatasi nell’imposizione ai dipendenti di direttive, non discusse né concordate con la direzione aziendale, con modalità comportamentali dirette a contestare pubblicamente il potere direttivo del datore di lavoro).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 7795 del 27 marzo 2017)
Cass. civ. n. 12696/2012
Il lavoratore adibito a mansioni non rispondenti alla qualifica può chiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell'ambito della qualifica di appartenenza, ma non può rifiutarsi aprioristicamente, senza avallo giudiziario, di eseguire la prestazione richiestagli, essendo egli tenuto a osservare le disposizioni per l'esecuzione del lavoro impartite dall'imprenditore ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., da applicarsi alla stregua del principio sancito dall'art. 41 Cost., e potendo egli invocare l'art. 1460 c.c. solo in caso di totale inadempimento del datore di lavoro, a meno che l'inadempimento di quest'ultimo sia tanto grave da incidere in maniera irrimediabile sulle esigenze vitali del lavoratore medesimo.
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 12696 del 20 luglio 2012)
Cass. civ. n. 1365/2002
Nel contratto di lavoro subordinato il lavoratore non è obbligato al raggiungimento di un risultato ma all'esplicazione delle proprie energie nei modi e nei tempi stabiliti; ne consegue che il datore di lavoro che intenda far valere l'insufficienza della prestazione lavorativa non può limitarsi a provare il mancato raggiungimento del risultato atteso, ma è onerato della dimostrazione di un colpevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, quale fattispecie complessa per la cui valutazione — che è di competenza del giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici ed errori manifesti — deve concorrere anche l'apprezzamento degli aspetti concreti del fatto addebitato, tra cui il grado di diligenza richiesto dalla prestazione e quello usato dal lavoratore nonché l'incidenza dell'organizzazione dell'impresa e di fattori socio-alimentari.
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 1365 del 2 febbraio 2002)
Cass. civ. n. 12769/2000
Gli artt. 2104 e 1176 c.c. impongono al lavoratore di eseguire la prestazione — anche in assenza di direttive del datore di lavoro — secondo la particolare qualità dell'attività dovuta, risultante dalle mansioni e dai profili professionali che la definiscono, e di osservare, altresì, tutti quei comportamenti accessori e quelle cautele che si rendano necessari ad assicurare una gestione professionalmente corretta. (Fattispecie relativa all'esecuzione da parte di dipendente di banca, addetto al settore, di due bonifici di rilevante importo in base a un falso ordine pervenuto mediante telefax; la Suprema Corte ha annullato la sentenza di merito che aveva accolto l'impugnativa proposta dall'interessato contro l'irrogatogli licenziamento per giusta causa, rilevando la violazione del riportato principio di diritto e vizi di motivazione, consistenti, tra l'altro, nella rilevanza esimente attribuita alla semplice apposizione di un visto da parte del direttore della filiale).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 12769 del 27 settembre 2000)
Cass. civ. n. 1752/2000
L'aperta contestazione di direttive aziendali — specialmente se accompagnata da modalità comportamentali dirette a contestare pubblicamente il potere direttivo del datore di lavoro — configura una violazione del disposto dell'art. 2104, secondo comma, c.c. suscettibile di legittimare il licenziamento del lavoratore. (Nella specie la sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva ritenuto legittimo il licenziamento di un lavoratore che aveva impedito all'amministratore unico della società datrice di lavoro di affiggere nella bacheca aziendale disposizioni riguardanti l'organizzazione del lavoro e l'individuazione delle mansioni dei singoli dipendenti).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 1752 del 16 febbraio 2000)
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Gli artt. 2086 e 2104 c.c. che prevedono il potere gerarchico del datore di lavoro sul lavoratore vanno interpretati alla luce del generale principio secondo cui ciascuna parte contrattuale può pretendere e deve fornire soltanto le prestazioni previste nel contratto. Ne consegue che, da un lato, i superiori gerarchici non possono richiedere prestazioni che siano chiaramente escluse dal contratto medesimo e che, dall'altro, il lavoratore - che non voglia attendere l'esito del giudizio in sede sindacale o giudiziaria - ha diritto di rifiutare prestazioni di tale tipo, correndo il rischio, conseguente a tale comportamento, di essere successivamente ritenuto responsabile di inadempimento qualora venga eventualmente accertata la legittimità dell'ordine disatteso.
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 5643 del 8 giugno 1999)